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Alimentazione e aging

La ricerca scientifica sta cercando di comprendere l’influenza della dieta, il comportamento dei singoli nutrienti e la loro interazione sugli effetti degenerativi dell’invecchiamento

 

Il progressivo incremento dell’età media ha determinato un aumento significativo dell’invecchiamento della popolazione, portando a un aumento del numero di individui affetti da malattie neurodegenerative e demenza. Questo fenomeno ha spostato l’attenzione verso strategie preventive, concentrandosi su approcci legati allo stile di vita, come la nutrizione. La ricerca scientifica sta cercando di comprendere l’influenza della dieta, il comportamento dei singoli nutrienti e/o la loro interazione dell’invecchiamento.
Oggi, sebbene non sia ancora stata fatta chiarezza e ci siano risultati un po’ contrastanti, alcuni studi hanno suggerito che nutrienti, in particolare alcune vitamine, flavonoidi e acidi grassi a lunga catena ω-3, potrebbero influenzare positivamente la funzione cognitiva. Le vitamine sono definite micronutrienti “essenziali”, in quanto il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli e pertanto è necessaria la loro assunzione con la dieta. In particolare, gli studi hanno riferito che una carenza di vitamina D, inferiore a < 25 nmol/L (10 ng/mL), sia correlata all’aumento del rischio di deterioramento delle facoltà intellettive e che l’assunzione di vitamina E, in particolare il γ-tocoferolo, sia stato positivamente associato alla riduzione del rischio. Gli acidi grassi omega-3 (EPA e DHA) sono stati oggetto di studio per il loro potenziale ruolo nella salute cognitiva. Anche  questa classe di acidi grassi è definita essenziale e si trova soprattutto in alimenti di origine animale, in particolare nei pesci grassi come tonno (2,95 g/100 g), salmone (2,08 g/110 g), sgombro (1,99 g/100 g). Il Three City Study, studio osservazionale, ha evidenziato che livelli più elevati nel sangue di acido grasso eicosapentaenoico (EPA) sono stati associati a un minore rischio di demenza e di atrofia del lobo temporale mediale. Inoltre, è stata riscontrata un’associazione positiva tra i livelli ematici di acido docosaesaenoico DHA (sia da solo che in combinazione con EPA) e la funzione di memoria negli anziani con lievi disturbi. I risultati preliminari ottenuti hanno però indirizzato gli scienziati ad adottare una strategia volta all’identificazione di combinazioni di nutrienti coinvolti nel processo degenerativo. Uno studio effettuato nel 2017 ha messo in evidenza che un modello costituito da bassi livelli di vitamina D,  carotenoidi e acidi grassi polinsaturi, in combinazione con alti livelli di grassi saturi, è  associato a un rischio 3,7 volte più elevato di demenza. Sulla base di ciò, è stato ipotizzato che l’impiego di un approccio dietetico completo possa fornire maggiori vantaggi rispetto all’assunzione dei singoli nutrienti.
In questo contesto, la dieta mediterranea occupa un posto in prima fila come stile alimentare equilibrato e bilanciato, correlata alla riduzione del rischio di deterioramento cognitivo.

 

Continua a leggere l’approfondimento di Annalisa Taccari che pubblichiamo sulla rivista
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