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La dieta influenza la sensibilità e le preferenze di gusto

 

 

Uno studio dell’Università della California, condotto sui moscerini della frutta e pubblicato sul Journal of Neuroscience, dimostra che ciò che mangiamo influenza il nostro gusto per ciò che potremmo voler consumare dopo.
La ricerca, che offre una migliore comprensione della plasticità neurofisiologica del sistema del gusto nelle mosche, ha previsto una dieta equilibrata, una a ridotto contenuto di zucchero e arricchita di proteine, ed una arricchita di zucchero e povera di proteine, tutte simili nel contenuto calorico totale. I ricercatori hanno testato i soggetti ogni giorno, per una settimana, per esaminare le modifiche nella scelta del cibo e la sensibilità al gusto, riscontrando che la dieta influenza la segnalazione della dopamina e dell’insulina nel cervello, che a sua volta ha effetti sulla risposta sensoriale periferica delle mosche, composta da neuroni direttamente coinvolti nel rilevamento di stimoli esterni. Questa influenza ciò che le mosche mangiano dopo.
“Per una dieta con un eccesso di proteine ​​a scapito dei carboidrati, la sensibilità al gusto delle mosche crea una risposta comportamentale compensatoria a breve termine per mangiare più carboidrati e meno proteine, ​​per ritrovare una dieta equilibrata”, spiegano gli esperti. Le vie di segnalazione conservate potrebbero svolgere un ruolo nel montare simili cambiamenti nel gusto indotti dalla dieta, questo potrebbe valere anche per altri animali, compreso l’uomo. Gli individui con una dieta ricca di zuccheri potrebbero vedere uno smorzamento del gusto dello zucchero, rendendolo meno appetibile almeno per il breve termine. Allo stesso modo, una dieta a basso contenuto proteico migliorerebbe il gusto dell’umami, aumentando il valore degli alimenti ricchi di proteine. Le preferenze di gusto si sono rivelate reversibili.
Il lavoro mostra, dunque, che gli squilibri nella dieta influenzano le preferenze di gusto, in modo che si preferiscano cibi che aiuterebbero a raggiungere di nuovo l’omeostasi metabolica. Gli effetti a lungo termine potrebbero essere più complessi.

 

http://dx.doi.org/10.1523/JNEUROSCI.2154-20.2021

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