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L’assunzione di fruttosio può guidare l’obesità

Il fruttosio contribuisce all'obesità rallentando il metabolismo. Lo rivela un recente studio americano

 

Formula chimica strutturale del fruttosio in frutti freschi, a basso ed alto contenuto di fruttosio.

 

Circa il 13% degli adulti in tutto il mondo, a quanto rivela l’Organizzazione mondiale della sanità, è affetto da obesità, la cui causa fondamentale risiede in uno squilibrio energetico tra calorie assunte e consumate. Una recente ricerca fa invece luce su un’interessante ipotesi: il Philosophical Transactions della Royal Society B riporta che il fruttosio può guidare l’obesità a causa di un interruttore di sopravvivenza evolutivo, che induce le persone a immagazzinare energia dal fruttosio, piuttosto che usarlo.
Il fruttosio induce il corpo a immagazzinare energia invece di usarla? Sembrerebbe di sì. Ed è un’idea plausibile quella secondo cui milioni di anni di evoluzione abbiano portato a un percorso benefico, diventato oggi avverso a causa delle nostre attuali diete ad alta densità energetica.
La ricerca in oggetto propone che obesità e disordini metabolici si sviluppino dalla sovrastimolazione di una risposta biologica basata sull’evoluzione (interruttore di sopravvivenza), che mira a proteggere gli animali prima di una crisi, come il letargo. A differenza del glucosio, utilizzato come combustibile immediato, il fruttosio innesca il corpo a immagazzinare carburante.
Nel caso di noi umani, l’approvvigionamento costante di alimenti ad alto contenuto di fruttosio porta a depositi di grasso, che conducono all’obesità e alle problematiche di salute correlate.
Lo zucchero semplice influisce sul metabolismo.
L’adenosina trifosfato (ATP), la molecola che fornisce energia per tutti i processi cellulari, viene utilizzata e rapidamente sostituita dall’assunzione di nutrienti o dai depositi di grasso. Tuttavia, il fruttosio riduce la concentrazione di ATP nelle cellule e la capacità di produrne di più. A livelli bassi, si innescano una serie di reazioni chimiche, che impediscono ai mitocondri della cellula di produrne ancora, causando loro uno stress ossidativo.
L’ingestione di fruttosio stimola un’ulteriore assunzione di cibo (ovvero calorie extra che vengono quindi immagazzinate come grasso) e, mentre i livelli di ATP aumentano, il grasso immagazzinato resta. A meno che non si riduca l’apporto calorico, questo minore consumo di energia si traduce in un aumento di peso.

Le fonti alimentari di fruttosio

Il fruttosio è sì lo zucchero naturale della frutta, ma una tipica dieta occidentale contiene molte altre fonti. La maggior parte proviene dal saccarosio e dallo sciroppo di mais (HFC), che ne contiene fino al 55%, in molecole libere, quindi assorbito rapidamente. Molti alimenti e quasi tutti quelli trasformati lo contengono, dalle bibite gassate a succhi di frutta zuccherati, dai cracker a pasti precotti, condimenti e alcuni tipi di pane e dolci.
Se si considera che l’obesità è un fattore di rischio per molte condizioni di salute, comprese le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcuni tipi di cancro, comprenderne i meccanismi di guida alla condizione e il ruolo svolto dall’assunzione di fruttosio può portare a terapie e trattamenti migliori.

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