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Le conseguenze del lockdown sui disturbi alimentari degli italiani

 

I disturbi alimentari rappresentano un problema di sanità pubblica emergente nella società moderna: l’esordio è sempre più precoce nei ragazzi e i fattori influenti sono complessi e svariati. L’isolamento sociale vissuto durante i mesi di lockdown ha rinforzato i pattern psicopatologici e, come spiegano gli esperti, i soggetti presentano un rischio di ricaduta o peggioramento della gravità del loro disturbo.
Chi soffriva di disturbi alimentari, specie bulimia nervosa, anoressia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata o binge eating, ha vissuto in maniera inaspettata un cambiamento delle dinamiche quotidiane e dello stile di vita, che ha inevitabilmente influenzato il comportamento patologico.
L’isolamento sociale genera tensioni e paure; da qui scaturisce una sensazione di perdita di controllo con un conseguente aumento delle restrizioni alimentari e delle condotte di eliminazione, nonché vomito autoindotto ed uso di lassativi. Muta anche il rapporto con l’attività fisica con il conseguente verificarsi di comportamenti associati a una forte paura di perdere il controllo sul proprio peso e sulla propria forma fisica.
Tra i fattori che portano a comportamenti patologici vi sono l’esposizione a grandi quantità di scorte di cibo, che in molti hanno comprato durante la quarantena per sentirsi al sicuro, e la convivenza prolungata con i familiari, che contribuisce ad aumentare l’isolamento. Chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare è particolarmente sensibile allo stress legato alla pandemia ed è quindi più probabile in questi casi sviluppi o accentui comorbilità organiche e psichiatriche. È vero anche che il rischio di infezione da Coronavirus è maggiore per via della malnutrizione, del sistema immunitario debole e degli squilibri elettrolitici di tali soggetti.
Un contesto di emergenza sanitaria come quello che stiamo vivendo rivela l’inadeguatezza dei trattamenti psichiatrici o psicologici offerti, e anche le terapie online, seppur introdotte tempestivamente, si sono rilevate carenti in alcuni aspetti, mostrando quanto sia necessario progettare nuove modalità di intervento.
Per fornire una migliore assistenza agli individui con disturbi alimentari e ai loro cari, l’istituto Superiore di Sanità con il Ministero della Salute ha lanciato il progetto Manual, che prevede una mappatura dettagliata delle strutture pubbliche e convenzionate e delle associazioni specializzate in disturbi dell’alimentazione su scala nazionale.
In merito all’impatto psicopatologico del Covid-19 sui pazienti con disturbi alimentari, uno studio longitudinale italiano ha dimostrato come la pandemia sia stata una minaccia per la salute mentale, in particolare nei soggetti più delicati.  Secondo questa ricerca, i più vulnerabili sono gli affetti da bulimia nervosa, a causa delle limitazioni dei programmi di trattamento presenziali e delle difficoltà riscontrate nelle terapie online, la presenza di abbondante cibo in casa che funge da tentazione per le abbuffate o l’ansia generata da non avere scorte a sufficienza, l’uso eccessivo delle reti sociali che contribuiscono a una percezione alterata del proprio corpo e le emozioni sorte dal forte stress.
Gli affetti da anoressia nervosa, invece, hanno mostrato risultati controversi: da un lato pare abbiano preso peso durante la quarantena, segno positivo che potrebbe essere dovuto anche all’efficacia dei trattamenti, dall’altro sembra abbiano sperimentato un’esacerbazione del comportamento ossessivo dell’esercizio fisico compensatorio e pare anche che ci siano stati molti casi di crossover diagnostico, che sta a indicare la trasformazione di anoressia in bulimia.
Sia nei soggetti bulimici che in quelli affetti da anoressia, è stato riscontrato un aumento dei comportamenti disfunzionali e un’interruzione della tendenza al miglioramento dei sintomi, ma è nei soggetti colpiti da anoressia che l’impatto negativo del Covid-19 sembra sia stato minore. I pazienti affetti da binge eating hanno invece sperimentato un aumento della gravità della patologia. È tuttavia interessante il dato che riporta come i pazienti affetti da disturbi alimentari non abbiano mostrato un aumento di stati d’ansia, tristezza, insonnia e problemi mentali maggiore rispetto alla popolazione generale, essendo probabilmente meno sensibili agli effetti del lockdown perché tendenti all’isolamento sociale per via della loro patologia.
Una ricerca inglese, pubblicata su Lancet, prova un generale incremento di stress post-traumatico, rabbia, confusione, ansia, depressione e altri effetti psicologici negativi nella popolazione durante questa pandemia. Tra i fattori scatenanti, la paura dell’infezione, la mancanza di informazioni adeguate, la perdita economica, la noia e la frustrazione. In uno stato di stress psico-emotivo, come quello che molti hanno sperimentato in quarantena, è più probabile che sorga ex novo un disturbo dell’alimentazione o una dipendenza da sostanze come fumo, alcool o psicofarmaci.

 

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