Alla Howard University di Washington (DC) è in corso una ricerca volta a chiarire se alcuni integratori e spezie, inclusi acidi grassi omega-3, curcuma, vitamina D e probiotici, possano avere un’efficacia nel trattamento dell’IBD, ovvero le malattie infiammatorie intestinali, che comprendono il morbo di Crohn e la colite ulcerosa.
In occasione dell’annuale Congresso Crohn e Colite, i ricercatori hanno riportato che lo zafferano può aiutare a ridurre l’infiammazione e migliorare le manifestazioni cliniche nelle persone con colite ulcerosa.
Derivata dal fiore del Crocus sativus e nota come la spezia più costosa al mondo, lo zafferano richiede molta manodopera durante le fasi di coltivazione e raccolta, da cui il soprannome di oro rosso. Utilizzato fin dal 1.627 a.C. non solo negli alimenti ma anche a scopi medicinali, presenta stimmi che sembrano fili, raccolti e poi essiccati; viene coltivato in Iran, ma si può trovare anche in India, Spagna e Afghanistan. Possiede livelli elevati di antiossidanti e proprietà antinfiammatorie, da qui l’interesse della comunità scientifica per i suoi effetti contro depressione, Alzheimer, cancro, malattie cardiache, obesità, sindrome premestruale, problemi di sonno, degenerazione maculare legata all’età.
Per studiarne l’efficacia nella riduzione dell’infiammazione nelle IBD, i ricercatori hanno reclutato 30 soggetti affetti da colite ulcerosa, presso l’Università Yazd in Iran, raccogliendo
informazioni sui marcatori infiammatori, tra cui la calprotectina fecale e la proteina C-reattiva, e rilevando, dopo otto settimane, miglioramenti significativi. Anche a fronte di un basso dosaggio.
A convalida di questi risultati, i ricercatori hanno previsto un nuovo percorso, con tre persone affette da colite ulcerosa presso la Howard University, somministrando loro 50 mg di zafferano due volte al giorno per otto settimane e prevedendo un cosiddetto periodo di washout e subito dopo un nuovo ciclo di integrazione. Al washout è corrisposto un aumento della calprotectina fecale, che invece si è nuovamente ridotta a ciclo ripreso, confermando ulteriormente una relazione causale tra i miglioramenti gastrointestinali nell’IBD e l’assunzione di zafferano. Quest’ultima porta, inoltre, a una diminuzione dei gammaproteobacteria e ad un arricchimento delle Ruminococcaceae.
In che modo lo zafferano ci aiuta contro le malattie infiammatorie intestinali?
Merito delle crocine, spiegano gli esperti, carotenoidi responsabili del suo colore giallo-rosso. Il composto crocina subisce una reazione chimica e una trasformazione per formare quella che viene chiamata crocetina, il principale responsabile delle attività farmacologiche e delle proprietà medicinali dello zafferano. Questa sembra agire un po’ come un adattogeno, può essere infatti utilizzata in diversi meccanismi, per esempio per inibire l’infiammazione, stimolare la morte cellulare nelle cellule tumorali o proteggere le cellule dai danni delle specie reattive dell’ossigeno. Grazie a questi attributi potrebbe essere utile contro l’IBD.
Non solo lo zafferano, ma anche l’indaco naturalis (utilizzato da decenni come parte della medicina tradizionale cinese) è sotto l’occhio clinico della ricerca, all’Università di Kyushu. Sembrerebbe essere efficace nella remissione della colite ulcerosa.
Saranno necessari studi più ampi per confermarne i benefici, tuttavia si rietiene che il suo effetto antiossidante renda lo zafferano utile, riuscendo a mitigare qualsiasi risposta infiammatoria dalla malattia stessa. Gli esperti sottolinenano, però, che il trattamento dell’IBD e dei suoi sintomi richiede un approccio articolato che affronti dieta, microflora intestinale, integrazione mirata, gestione dello stress e medicina convenzionale: la somministrazione di zafferano va valutata caso per caso.