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Insetti commestibili e rischi alimentari

 

Una delle questioni più spinose, quando si parla di insetti commestibili è se questi rappresentino un rischio per la salute. È una domanda legittima che molti consumatori si pongono. D’altronde, l’insetto viene generalmente associato alla sporcizia o alla degradazione delle matrici alimentari, quindi è naturale nutrire dubbi. Tuttavia, perché dovrebbe esserlo? Perché una cavalletta dovrebbe rappresentare un pericolo maggiore rispetto al consumo di qualche altro animale, come un gamberetto?
Purtroppo, questa comparazione non è sufficiente a rispondere alla domanda. Non sono le caratteristiche morfologiche che ci permettono di discernere il sicuro dal non sicuro.
Se fosse così, potremmo consumare qualsiasi tipo di pesce presente in natura, poiché ogni pesce (ad eccezione di alcune specie) presenta una morfologia simile.
Premesso ciò, vediamo quali sono i rischi, la gravità e come arginarli.
Il primo rischio che corriamo (ma anche il più facile da evitare), è il consumo di insetti sconosciuti. Quindi, il primo rischio si argina limitandosi a quelli che troviamo in commercio a uso alimentare. Infatti, ce ne sono che contengono tossine, anche dopo la cottura (o se quest’ultima non è sufficiente), come alcuni millepiedi (famiglia Scolopendrae e Julidae), che secernono veleno, e il coleottero detto “nunzio della morte” (Blaps mortisaga), che secerne una sostanza irritante e maleodorante dall’ano, se minacciato. Da questo rischio ne deriva un secondo, ovvero il consumo di insetti generalmente sicuri ma che consumano sostanze o piante tossiche. Alcuni di questi accumulano tali sostanze nei loro corpi e diventano quindi tossici a loro volta. Ne sono esempi la cavalletta del deserto (Schistocerca gregaria) o alcuni tipi di bruchi che si nutrono di piante del genere Euphorbia, contenenti un lattice velenoso. Oppure, semplicemente perché accumulano un’eccessiva quantità di selenio (sempre derivante dalla loro dieta) che, pur essendo un elemento essenziale per gli umani, la quantità necessaria per soddisfare il fabbisogno è così bassa che si può raggiungere l’intossicazione molto facilmente.

 

Continua a leggere l’approfondimento di Aldo Bongiovanni che pubblichiamo sulla rivista
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Frutta e verdura per un’estate di benessere

 

Un consumo più generoso di vegetali può aiutare a mantenere una corretta idratazione. Non solo berla dunque: è più facile assimilare l’acqua contenuta negli alimenti. È bene integrare frutta e ortaggi, che arrivano a contenerne circa il 95%. Lo conferma Lucilla Titta, biologa nutrizionista e ricercatrice presso l’Istituto Europeo di Oncologia-IEO di Milano: “Questi alimenti non solo sono ricchi di fibre, ma anche di vitamine idrosolubili, come la C e quelle del gruppo B, tra cui l’acido folico, che devono essere assunte quotidianamente attraverso la dieta, perché non accumulabili nell’organismo”. Spazio a verdure da consumare crude, come pomodori, cetrioli, lattuga, e a quelle da cuocere, come zucchine e peperoni; oltre a fornire fitocomposti, vitamine e minerali, sono ricche d’acqua. La frutta estiva (melone, anguria, pesche, albicocche e prugne) può essere consumata a fine pasto o come spuntino, ma anche come antipasto o nelle insalate.

Il Gruppo Prodotti a Base Vegetale di Unione Italiana Food raccoglie 5 consigli pratici in un vademecum per fronteggiare il caldo della stagione estiva.
Occhio al cortisolo, l’ormone dello stress presente in quantità maggiori nei mesi più caldi. Per contrastarne gli squilibri a tavola, si consiglia di scegliere cereali (come orzo e avena), carote, legumi, cavoli e broccoli. Da gustare anche in forma di burger, polpette, bevande, gelati, dessert e creme spalmabili.
Parola d’ordine: leggerezza. Mai fare a meno in estate di zucchine, carote, pomodorini, rucola, valeriana e radicchio, che aiutano a regolarizzare l’intestino grazie alle fibre che contengono. È bene non andare in deficit di potassio, che contribuisce alla regolazione dell’equilibrio dei fluidi e ad espellere i liquidi accumulati. Ne sono ricchi avocado, kiwi, ribes, spinaci e finocchi, ma è presente anche nei legumi e nella frutta secca.
Reintegrare liquidi, sali e vitamine durante l’allenamento. Il cibo deve essere semplice e di facile assimilazione per non affaticare i meccanismi digestivi e deve contenere i nutrimenti essenziali, dai carboidrati alle proteine, dai grassi buoni alle vitamine.
Gustare frutta e verdura durante le camminate. Tra gli ortaggi, da prediligere il cetriolo, altamente rinfrescante per l’organismo, ricco di vitamina C e di sostanze antiossidanti che contribuiscono al corretto funzionamento del sistema immunitario. Tra la frutta, l’anguria aiuta a reintegrare i liquidi persi; ricca di licopene, apporta benefici anche all’apparato cardiovascolare e alle ossa.
Gli alimenti da portare sotto l’ombrellone contemplano verdura e frutta, come pure bevande a base vegetale, utili a reintrodurre i liquidi persi e per un’idratazione prolungata ed efficace.
“Preparare una ‘schiscetta’ vegetale da portare sotto l’ombrellone quando si va al mare o durante le passeggiate in montagna è una buona idea. Ad esempio, hummus e creme di altri legumi sono molto versatili e deliziosi in panini e toast così come i burger vegetali; aggiungendo poi insalata, pomodori o delle verdure grigliate, si completa il tutto”, spiega Titta.

www.unioneitalianafood.it

www.prodottiabasevegetale.it

Frolle e futuro

 

 

Anffas APS-ETS è l’associazione nazionale che riunisce famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo. Nel 2023, con l’obiettivo di offrire a giovani adulti con disabilità l’opportunità di intraprendere un percorso a carattere formativo e professionalizzante nel settore della produzione dolciaria, Anffas Mirandola, nel modenese, ha dato vita a Frolleria, il laboratorio di torte e biscotti in cui i protagonisti sono 20 giovani, che hanno appreso tutte le fasi di produzione e realizzazione di prodotti artigianali di qualità, fino ad arrivare ad essere autonomi nella cogestione di un punto di produzione. Uno spazio di welfare generativo, aperto ad un dialogo costante con il territorio, in cui i giovani con disabilità si incontrano, socializzano tra loro e con i volontari, esprimono creatività e capacità proprie, consolidando e acquisendo competenze nuove. Il progetto — che vede in Marzia Manderioli l’anima operativa, con la pasticcera Ottavia Bocchi, che segue i ragazzi ogni giorno, affiancata da un’educatrice — mira a creare l’occasione, unica e preziosa, di sperimentare le dinamiche di un ambiente lavorativo in un contesto protetto e tutelante. Potenziare l’autonomia, puntare sulla responsabilizzazione e sulla realizzazione personale in un contesto coinvolgente e stimolante sono tutti i punti di forza di un disegno che mira a investire sulle persone e sui loro talenti.

anffasmirandola.it/la-frolleriamirandola

Una proteina regola la risposta all’esercizio fisico

 

È possibile si apri una classe completamente nuova di farmaci per la perdita di peso, vista la recente scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università di Kobe, in Giappone. L’attività fisica regolare svolge un ruolo importante nel mantenimento di un peso sano, ma alcune persone perdono più peso attraverso l’esercizio rispetto ad altre. Perché?
È la proteina PGC-1α ad essere chiamata in causa: aiuta a regolare il metabolismo del corpo e la risposta all’esercizio fisico a breve termine. La rivista Molecular Metabolism pubblica nuovi dati secondo cui i soggetti che perdono peso più lentamente con un’attività fisica regolare potrebbero essere prive delle sue varianti.
La proteina in questione rientra tra i ‘coattivatori della trascrizione’, con la funzione di migliorare l’espressione dei geni legati ai mitocondri, di quelli coinvolti nell’ossidazione degli acidi grassi e di altri coinvolti nella termogenesi, promuovendo un consumo efficiente di energia nei muscoli.
Quando ci si allena, aumenta l’espressione di PGC-1α nel muscolo scheletrico, che a sua volta induce l’espressione di geni che promuovono un consumo energetico efficiente”, ecco spiegato il meccanismo attraverso il quale l’energia viene spesa in modo efficiente nei muscoli durante l’esercizio.
Esistono le varianti b e c, leggermente diverse dalla convenzionale a. Hanno quasi la stessa funzione ma vengono prodotte nei muscoli più di dieci volte di più durante l’esercizio. È stato rilevato che, in assenza di queste due, l’attività a breve termine non ha alcun impatto sul corpo, causando meno grassi bruciati durante e dopo un allenamento.
Quando i soggetti dello studio assumevano entrambe le versioni b e c della proteina, consumavano più ossigeno e avevano una percentuale di grasso corporeo inferiore rispetto a quelli che non ne assumevano. Ciò è stato osservato negli esseri umani sani e affetti da diabete di tipo 2.
I ricercatori spiegano: “Le nostre osservazioni supportano l’ipotesi che l’efficienza del dispendio energetico nei muscoli determina la tendenza ad aumentare di peso”.
La novità sul fronte dei farmaci dimagranti è data dalla possibilità di aumentare l’espressione di PGC-1α b/c, a differenza dei farmaci che sopprimono l’appetito; in questo modo si promuoverebbe la perdita di peso indipendentemente dalla dieta. E nel mentre la ricerca va avanti.
Il fenomeno della metilazione del DNA sembrerebbe spiegare la variabilità l’aumento di PGC-1α b/da individuo a individuo e i ricercatori hanno già identificato una sostanza che può aumentare i livelli di PGC-1α b/c.

www.medicalnewstoday.com

Bowl latina con guacamole

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In questa ricetta, a firma di Giulia Giunta per Funny Veg Academy, troviamo la quinoa che è priva di glutine, ricca di fibre, antiossidanti e minerali e, a differenza dei comuni cereali, le proteine contengono tutti i 9 aminoacidi essenziali.
Oltre a essere ricchi di fibre, proteine, minerali e vitamine del gruppo B, i fagioli neri si caratterizzano per la forte presenza di antociani, che ne determinano il colore scuro e
hanno spiccato potere antiossidante e antinfiammatorio.
Le noci brasiliane hanno un buon contenuto di vitamina E e acidi grassi polinsaturi. Si distinguono dagli altri semi oleosi per l’elevato apporto di selenio: basterebbero due noci brasiliane al giorno per coprirne il fabbisogno quotidiano in condizioni normali di salute.

 

Per 4 bowl

200 g quinoa
500 ml brodo vegetale
200 g peperone rosso pesato pulito
1 spicchio d’aglio
500 g agioli neri cotti
2 patate dolci medie
8 noci brasiliane
guacamole q.b.
olio evo q.b.
sale q.b.

Per il guacamole

1 avocado grande maturo
1 lime
1 cipollotto (la parte bianca)
2o 3 pomodori piccadilly
sale q.b.

Sciacquare la quinoa sotto l’acqua corrente in un colino a maglie strette e cuocerla per assorbimento con il brodo vegetale, fino a quando risulta cotta e il brodo asciugato. Nel frattempo, tagliare il peperone a dadini e rosolarlo in padella per qualche minuto con un cucchiaio d’olio, lo spicchio d’aglio intero (da togliere successivamente) e una presa di sale, quindi mescolarlo alla quinoa cotta e lasciare intiepidire.
Pelare e affettare le patate dolci, disporle su una teglia, condirle con olio e sale; infornarle a 200°C per una ventina di minuti. Sbucciare l’avocado, schiacciarlo con una forchetta e mescolarlo con il cipollotto tritato, i pomodori a dadini piccoli, succo di lime a piacere e sale.
Disporre separatamente in una bowl la quinoa ai peperoni, le patate dolci e i fagioli neri. Completare con il guacamole e le noci brasiliane.

FunnyVeg Academy
Giulia Giunta
foto di Andrea Tiziano Farinati

La genetica determina se il caffè fa bene o male?

 

L’abitudine al caffè è sana? Non si tratta di una questione semplice, gran parte della confusione deriva dalle diverse modalità di consumo e dalle quantità. Per la maggior parte delle persone bere una moderata quantità di caffè è sicuro e salutare. Di più non significa meglio. Bere circa 1-2 tazze al giorno porta benefici per la salute e la funzionalità del cervello, spiegano gli esperti. Chi beve regolarmente caffè tende ad avere anche un microbioma intestinale più diversificato e sano. Non mancano certo note di cautela, per esempio per soggetti con la sindrome dell’intestino irritabile; alcuni sono sensibili alla caffeina, quindi il caffè può renderli nervosi.
Affrontare l’intero spettro delle correlazioni del caffè con la salute e la malattia è un compito importante ma impegnativo. Un recente studio, pubblicato su Neuropsychopharmacology, rivela forti legami genetici tra il consumo di caffè e risultati sulla salute come l’obesità.
I ricercatori hanno cercato collegamenti tra particolari polimorfismi a singolo nucleotide e il tratto di interesse; in questo caso, il consumo di caffè. E vi sono prove di una predisposizione genetica.
“Siamo stati in grado di identificare con sicurezza i geni specifici che hanno influenzato il consumo di caffè, compresi alcuni che condizionano la velocità con cui la caffeina viene metabolizzata”, spiegano. Sia nei dati del Regno Unito che degli Stati Uniti, hanno individuato associazioni positive tra il consumo di caffè e gli esiti sulla salute. Cosa significa associazione positiva tra caffè e obesità? La genetica del consumo di caffè si sovrapponeva positivamente a quella dell’obesità e dei tratti correlati: significa che le differenze genetiche tra gli individui che influenzano il consumo di caffè influenzano anche l’obesità. La genetica del consumo di caffè è associata alle probabilità di obesità, ma non ne è causa.
Se due persone avessero geni identici per il consumo di caffè, le loro abitudini nel berlo potrebbero essere diverse, se fossero nate nel Regno Unito anziché negli Stati Uniti. L’ambiente può avere un potente effetto sul modo in cui agiamo con le nostre influenze genetiche. Nel Regno Unito, ad esempio, le persone sono più propense a bere caffè solubile, mentre il caffè macinato e i frappuccini con zucchero aggiunto sono più diffusi negli Stati Uniti.

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La frutta secca riduce il rischio di diabete di tipo 2

BMC Nutrition & Metabolism pubblica i risultati di uno studio, secondo cui aumentare l’assunzione di frutta secca di circa 1,3 pezzi al giorno può ridurre il rischio di diabete di tipo 2 fino al 60,8%. Ed è subito notizia, vista la preoccupazione che contenga quantità concentrate di zucchero naturale e che, per questo motivo, possa provocare rapidi picchi di glicemia subito dopo il pasto. Lo studio ha esaminato il consumo di prugne e albicocche secche e uva passa.
Oltre ad essere ricca di macro e micronutrienti, la frutta secca contiene molte fibre che possono aiutare a controllare i livelli di zucchero nel sangue e migliorare la salute dell’apparato digerente. Contiene anche flavonoidi, di cui la ricerca offre prova di proprietà antinfiammatorie e della relazione con una migliore sensibilità all’insulina. In che modo la frutta secca può ridurre il rischio di diabete? Grazie al contenuto di nutrienti e sostanze che agiscono per ridurre lo stress ossidativo o altri meccanismi, che nel complesso possono aiutare il corpo a regolare più facilmente lo zucchero.
“La frutta secca, attraverso la disidratazione, concentra zuccheri e sostanze nutritive, con conseguente maggiore densità calorica e contenuto di zuccheri rispetto alla frutta fresca”, spiegano gli esperti. Per contro, contiene più carboidrati rispetto alla frutta fresca: mangiarne troppa può indurre il corpo a portare ad un aumento degli zuccheri in futuro. Un quarto di tazza di uva passa conterrà circa sette volte i carboidrati rispetto a un quarto di tazza di uva fresca. È pur vero che la frutta secca conserva fibre preziose e può offrire vitamine, minerali e antiossidanti concentrati.
Dunque, quanta mangiarne? Gli esperti raccomandano un consumo in quantità controllate. Un quarto di tazza può comunque fornire fibre e nutrienti essenziali senza causare picchi significativi nei livelli di zucchero nel sangue. Si consiglia di abbinare la frutta secca ad alimenti che hanno un carico glicemico inferiore e resta importante dare priorità al consumo di frutta e verdura fresca come componenti integrali di un regime alimentare equilibrato e ricco di nutrienti per il diabete e le malattie cardiache.

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La dieta mediterranea riduce il rischio di mortalità nei sopravvissuti al cancro

 

Con i risultati della ricerca di un gruppo di ricercatori italiani si fa strada l’ipotesi per cui varie malattie croniche, inclusi tumori e malattie cardiache, potrebbero condividere meccanismi molecolari comuni, gli stessi che la dieta mediterranea sembrerebbe influenzare. JACC CardioOncology rivela che la dieta mediterranea potrebbe sostenere la longevità e la salute cardiovascolare nei sopravvissuti al cancro.
Ecco un dato importante. L’elevata aderenza a un modello di dieta in stile mediterraneo è stata collegata a una riduzione del rischio di morte per qualsiasi causa del 32% e a un rischio inferiore di mortalità cardiovascolare del 58%. Un’osservazione, quest’ultima, rilevante perché “i pazienti affetti da cancro sono considerati ad alto rischio per malattie cardiovascolari, a causa dei fattori di rischio modificabili condivisi e, potenzialmente, di quelli molecolari della malattia”, come spiegano gli autori. Non è stato tuttavia riscontrato alcun legame significativo tra l’adesione a una dieta di tipo mediterraneo e il rischio di morte per cancro. I ricercatori suggeriscono che ciò potrebbe essere dovuto ai diversi tipi di cancro e alla natura complessa della progressione e della recidiva della malattia.
Le attuali linee guida dell’American Cancer Society rispecchiano il modello di dieta mediterranea. Per la prevenzione del cancro si raccomanda un modello alimentare sano, con alimenti ricchi di nutrienti, tra cui una varietà di verdure, frutta e cereali integrali, limitando al contempo l’assunzione di carni rosse e lavorate, bevande zuccherate, alimenti altamente trasformati e prodotti a base di cereali. Si consiglia, inoltre, una dieta prevalentemente a base vegetale durante e dopo il trattamento della malattia, perché povera di grassi saturi e ricca di fibre, vitamine e sostanze fitochimiche.
Sebbene i meccanismi esatti non siano chiari, le diete ricche di antiossidanti aiutano a ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione nel corpo, fattori chiave nello sviluppo e nella progressione del cancro e di malattie cardiovascolari. Sulla base delle conoscenze attuali, la dieta mediterranea può quindi essere una valida considerazione per i malati di cancro che cercano strutture dietetiche per sostenere la loro salute e il loro recupero.
Gli esperti mettono in guardia. Non esiste una dieta specifica per i pazienti con diagnosi di cancro. Le migliori pratiche includono il soddisfacimento dei bisogni energetici specifici del paziente fornendo al tempo stesso una varietà equilibrata di nutrienti. Sebbene una dieta in stile mediterraneo possa essere benefica, un’alimentazione personalizzata è essenziale: preferenze di gusto, background culturale e stato socio-economico del paziente sono cruciali per risultati di salute ottimali.

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Digeribilità dell’amido in vitro e indice glicemico

 

Negli ultimi anni il consumo di pasta con glutine (GC) e senza glutine (GF) è in crescita, con un’ampia varietà offerta, con differenze di forma e formulazione che influenzano il processo di masticazione e, di conseguenza, i comportamenti nutrizionali (ovvero digeribilità dell’amido e risposta glicemica).

Una ricerca della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria, Università di Camerino, Mc, pubblicata su Food & Function, ha studiato l’effetto di forma, glutine e degradazione strutturale sulla digeribilità dell’amido in vitro e ha previsto l’indice glicemico (pGI) di penne, spaghetti e risoni GC e GF. La pasta veniva cotta e macinata per imitare gli sforzi di masticazione brevi, intermedi e lunghi. La masticazione breve ha portato a un numero maggiore di particelle grandi rispetto alle masticazioni intermedie e lunghe per tutti i campioni di pasta, il che si rifletteva nella diversa digeribilità dell’amido e nei modelli pGI. L’analisi multivariata della varianza ha mostrato che i tre fattori studiati influenzavano in modo diverso la digestione in vitro dell’amido della pasta. Lo sforzo di masticazione, la forma e la loro interazione hanno influenzato principalmente il tasso di digestione dell’amido e il pGI. Il glutine era il fattore principale che influenzava la quantità di amido digerito.

I risultati hanno suggerito che le forme piccole (come i risoni), la presenza di glutine e il breve sforzo di masticazione portano a un pGI inferiore.

7 motivi per scegliere yogurt e kefir

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Latte Arborea, specializzata nella raccolta e trasformazione di latte vaccino e caprino, terzo player nazionale nel latte UHT e presente nel mercato dei prodotti di capra con il brand Girau, spiega perché yogurt e kefir sono preziosi per la salute e dispensa le ricette di due dessert healthy.
In generale, lo yogurt è fonte di calcio, vitamine, fosforo e potassio; dal tenore calorico moderato, è ricco di vitamina A, vitamine del gruppo B e proteine. È la presenza dei fermenti lattici, almeno 10 milioni per grammo di prodotto, a caratterizzarlo: Lactobacillus Bulgaricus e Streptococcus thermophilus, in associazione tramite il processo di fermentazione, trasformano il latte in yogurt bianco.
In una breve rassegna dei diversi tipi di yogurt, quello greco intero è più calorico, quello di capra è invece più digeribile. Il kefir, originario del Caucaso, è in cima alle preferenze dei salutisti, perché privo di lattosio, nonché numero uno per la quantità di fermenti lattici. Alcuni, definiti probiotici, sono resistenti a bassi valori di pH e aderiscono e proliferano sulla superficie delle cellule intestinali, presentando le maggiori proprietà benefiche per la salute umana, ma devono arrivare vivi nell’intestino. Consumando lo yogurt ad esempio la mattina a stomaco vuoto, quando la produzione di succhi gastrici è minima; gustando yogurt e kefir più freschi possibile, appena tolti dal frigorifero.
Degni di nota, i fermenti lattici vivi regolarizzano l’intestino e rafforzano il sistema immunitario, creano una barriera contro i batteri patogeni e possono ristabilire una flora batterica squilibrata; aiutano la regolarità dell’intestino, avendo effetti terapeutici su meteorismo, diarrea e stitichezza e possono alleviare i disturbi causati da malattie intestinali infiammatorie. Yogurt e kefir sono alleati contro le infezioni genitali: nello specifico, il Lactobacillus Bulgaricus è utile contro le infezioni delle vie urinarie, mentre il Lactobacillus Acidophilus contrasta candida e vaginiti.

 

 

LE RICETTE A CURA DI ARBOREA

 

Frappè con yogurt

Scegliere un frutto succoso, come ad esempio la pesca, tagliarlo e inserirlo nel bicchiere di un frullatore. Aggiungere lo yogurt e frullare per 1 minuto. Versare poi il succo di un limone e frullare di nuovo. Il frappé è quindi pronto per essere servito insieme alla guarnizione.
Per un sapore più deciso e una maggiore digeribilità, sostituire lo yogurt vaccino con quello caprino.

Crostata di fragole e yogurt

In una ciotola, lasciare macerare fragole, tagliate a pezzi, con del succo di limone. Contemporaneamente lavorare con una frusta in un’altra ciotola yogurt, zucchero e mascarpone, quindi lasciare riposare il composto in frigorifero.
Per la base, sistemare la pasta frolla in una teglia, bucherellarla e farla cuocere 15 minuti in forno a 180°C. Una volta raffreddata, versare il ripieno e decorare con le fragole.

www.arborea1956.com