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Estratto di patata per il controllo dell’obesità



Estratto di patata per il controllo dell’obesità

L’estratto di patata potrebbe limitare l’aumento di peso dovuto a una dieta ricca in grassi e carboidrati raffinati, secondo quanto pubblicato da ricercatori della McGill University, Canada, sulla rivista Molecular Nutrition & Food Research (2014, vol. 58, n. 11, pagg. 2235-2238).
L’obesità causata da sovra-alimentazione continua ad aumentare in Canada, raggiungendo il rapporto di 1 adulto su 4. L’obesità aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e di tumore: secondo questo studio, l’estratto di patata potrebbe essere una soluzione per la prevenzione sia dell’obesità che del diabete di tipo 2.
I ricercatori hanno alimentato ratti di entrambi i sessi per 10 settimane con una dieta che favoriva l’obesità. I risultati sono stati presto evidenti alla bilancia, ma i ratti che consumavano la stessa dieta, però con l’aggiunta di un estratto di patate (cultivar Onaway e Russet Burbank, coltivate in Canada e ricche in polifenoli), sono diventati meno grassi (il 63,2% in meno) grazie soprattutto alla riduzione dell’adiposità. I benefici dell’estratto sembrano essere dovuti all’elevata concentrazione in polifenoli, anche se le patate sono popolarmente ritenute ricche in carboidrati. Le patate hanno il vantaggio di essere economiche da produrre e di essere già presenti nella dieta di diversi Paesi.
Comunque, nonostante i ratti e gli uomini metabolizzino gli alimenti in modo simile, sono assolutamente necessari test clinici per validare gli effetti benefici sugli uomini e per determinare la dose ottimale sia per gli uomini che per le donne a causa delle loro diverso metabolismo.



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L’integrazione con coenzima Q potrebbe prevenire le malattie cardiache



L’integrazione con coenzima Q potrebbe prevenire le malattie cardiache

Sul numero di dicembre 2014 di The FASEB Journal (2014, 28 (12): 5398) è stata pubblicata una ricerca condotta sui ratti che suggerisce che, se un individuo è nato sottopeso, l’integrazione con il coenzima Q (CoQ) potrebbe diminuire il rischio di malattie cardiache.
Questo enzima, naturalmente prodotto dall’organismo, è necessario per assicurare il funzionamento corretto dei mitocondri cellulari e per proteggere le cellule dai danni ossidativi. È stato provato che alimentando i cuccioli di ratto sottopeso alla nascita con un’integrazione di CoQ si previene il danno correlato all’età che causa malattie cardiache e che i livelli di CoQ nel sangue possono essere un indicatore di quale sia il danno aortico già presente.
I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno alimentato i ratti gravidi con due diete con lo stesso apporto calorico, ma una di controllo e l’altra con meno proteine e più carboidrati. I ratti alimentati con la dieta povera in proteine hanno partorito cuccioli sottopeso, ma che sono cresciuti rapidamente rispetto a quelli nati da madri alimentate con la dieta di controllo. I ricercatori hanno controllato l’aorta dei ratti giovani e hanno constatato che le cellule di quella dei ratti sottopeso alla nascita risultavano invecchiate più rapidamente rispetto a quelle dell’aorta dei ratti normopeso e che questo era associato a una carenza di CoQ sia nell’aorta che nel sangue. Un’integrazione di CoQ nella dieta aiutava a prevenire l’invecchiamento accelerato e il danno all’aorta.



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Vitamina E e salute delle ossa



Vitamina E e salute delle ossa

I tocotrienoli ottenuti dall’annatto potrebbero migliorare la salute delle ossa negli uomini secondo quanto affermato da ricercatori della Malesia sulla rivista Nutrients (2014, 6(11), pagg. 4974-4983). Questo studio è stato il primo a valutare gli effetti della vitamina E su ratti con carenza di testosterone. È stato utilizzato il prodotto DeltaGold della American River Nutrition, una miscela naturalmente esente da tocoferolo e contenente il 90% circa di  delta- e il 10% circa di gamma-tocotrienolo.
I tocotrienoli sono una forma di vitamina E, più conosciuta sotto forma di tocoferoli: esistono infatti 8 forme di vitamina E 4 tocoferoli (alfa, beta, gamma e delta) e 4 tocotrienoli (alfa, beta, gamma e delta). L’alfa-tocoferolo si trova principalmente negli integratori e nella dieta europea, mentre il gamma-tocoferolo è la forma più comune nella dieta americana. Le fonti con livelli relativamente alti di tocotrienoli sono l’olio di palma, l’annatto e la crusca del riso e dei cereali.
L’osteoporosi è una condizione che rende le ossa meno dense e per gli uomini la principale causa di osteoporosi è la carenza di testosterone che porta a una diminuzione degli osteoblasti e a un aumento dei livelli di osteoclasti, responsabili dell’erosione della superficie ossea.
In questo studio sono stati confrontati gli effetti dell’integrazione con il tocotrienolo estratto dall’annatto (60 mg/kg di peso corporeo per 8 settimane) con quelli del testosterone enantato (7 mg/kg di peso corporeo/1 volta alla settimana per 8 settimane intramuscolo) in un modello di ratti carente di testosterone.
I risultati hanno dimostrato che entrambi i composti sono efficaci nell’attenuare l’erosione delle ossa associata a una carenza di testosterone e i possibili meccanismi potrebbero comprendere la potente azione antiossidante dei tocotrienoli e la soppressione delle citochine pro-infiammatorie che promuovono l’osteoclastogenesi.
In precedenti studi era stato dimostrato che il tocotrienolo da annatto è in grado di migliorare gli indici dinamici e strutturali delle ossa in ratti maschi castrati oltre ad aumentare la formazione delle ossa e prevenire il riassorbimento osseo in modelli di ratti post-menopausali.



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Gli effetti benefici della curcumina



Gli effetti benefici della curcumina

Secondo quanto affermato da ricercatori americani della Ohio State University sul numero del 4 novembre 2014 della rivista Plos One, una formulazione modificata della curcumina permette di registrare in tutto l’organismo i benefici per la salute degli integratori a base di questa spezia.
La curcumina è un composto naturalmente presente nella curcuma che è stata utilizzata per secoli nella medicina ayurvedica per il trattamento delle allergie, del diabete e delle ulcere.
Prove anedottiche e scientifiche suggeriscono che la curcumina potrebbe promuovere la salute diminuendo l’infiammazione, ma non è ben assorbita dall’organismo. La maggior parte della curcumina assunta con gli alimenti o con gli integratori, infatti, non supera il tratto gastro-intestinale e la piccola porzione assorbita è metabolizzata rapidamente.
Molti gruppi di ricercatori stanno testando gli effetti del composto su malattie, quali il cancro al colon e l’osteoartrite; altri stanno verificando se la diffusione della disponibilità degli effetti biologici della curcumina all’intero organismo potrebbe essere utile sia dal punto di vista terapeutico che come integratore giornaliero per combattere le malattie.
Con questo nuovo studio, sono stati identificati un modo migliore e più efficace per trasportare la curcumina e quali malattie possono trarre vantaggio dal suo potere antinfiammatorio.
La polvere di curcumina è stata miscelata con l’olio di ricino e il glicole polietilenico in una nano-emulsione; questo processo permette al composto di dissolversi e di essere più facilmente assorbito nell’intestino per entrare nel circolo sanguigno e nei tessuti.
I ricercatori hanno dimostrato che le concentrazioni nel sangue della curcumina emulsionata sono 10 volte superiori a quelle della curcumina in polvere sospesa in acqua. Pertanto, hanno lanciato esperimenti su ratti e colture cellulari generando un’infiammazione artificiale e confrontando gli effetti della curcumina nano-emulsionata con quelli della sospensione in acqua o quelli dell’assenza del trattamento.
I ratti alimentati con l’emulsione hanno fatto registrare una regressione dell’infiammazione acuta grazie al blocco di una proteina chiave che scatena la risposta immunitaria. Questi ricercatori sono stati anche i primi a dimostrare  che la curcumina blocca l’attivazione di cellule specifiche del sistema immunitario, i macrofagi, che, quando sono iperattive, sono correlate a disturbi cardiaci e obesità.
I ricercatori, ora, stanno verificando se la curcumina emulsionata sia in grado di contrastare l’infiammazione correlata a malattie e alla debolezza dovuta all’età. Hanno iniziato studiando la capacità della curcumina nano-emulsionata di prevenire o controllare l’infiammazione causata da lupus su animali.



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I peptoni vegetali potrebbero ritardare l’invecchiamento della pelle



I peptoni vegetali potrebbero ritardare l’invecchiamento della pelle

L’invecchiamento della pelle si presenta quando la struttura della pelle stessa incomincia a indebolirsi con la conseguente formazione delle rughe. È correlato a una diminuzione dei livelli di collagene di tipo 1, il principale componente strutturale della matrice extracellulare, e a una riduzione della funzione delle cellule chiamate fibroblasti dermali.
Ricercatori coreani hanno pubblicato sulla rivista Nutrition Research (29 ottobre 2014) i risultati di esperimenti in vitro che suggeriscono che i peptoni vegetali sono coinvolti nella riduzione dell’invecchiamento della pelle in quanto promuovono la proliferazione cellulare e la produzione del collagene di tipo 1. I ricercatori hanno studiato il possibile meccanismo d’azione nei fibroblasti dermali umani e hanno constatato che la proliferazione cellulare dipende dalla concentrazione dei peptoni vegetali.
I peptoni vegetali sono peptidi ottenuti dalle piante, prodotti per idrolisi enzimatica di materie prime vegetali selezionate ricche in proteine.
Durante gli esperimenti, i ricercatori coreani hanno utilizzato peptoni di grano e pisello e hanno notato che la produzione di collagene di tipo 1 è potenziata grazie all’attivazione di uno specifico promotore target e che i peptoni vegetali sembrerebbero essere in grado di riparare i danni provocati dall’esposizione ai raggi UV.
Nonostante gli incoraggianti dati in vitro, i ricercatori sono cauti e affermano che sono necessarie ulteriori ricerche prima di poter concludere con certezza che i peptoni vegetali possono avere effetti benefici sull’invecchiamento della pelle.



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Il tè verde sembra migliorare la memoria



Il tè verde sembra migliorare la memoria

Gli estratti del tè verde potrebbero migliorare diverse funzioni cognitive con particolari benefici per la memoria a breve termine secondo quanto affermato da ricercatori giapponesi sulla rivista Nutrients (2014, vol. 6, n. 10, pagg. 4032-4042).
Il tè verde è conosciuto per i suoi diversi effetti benefici per la salute umana, anche se l’effetto del consumo di tè verde sulle disfunzioni cognitive deve essere verificato clinicamente. Il tè verde contiene tra il 30% e il 40% di polifenoli idrosolubili, tra i quali i principali sono l’epigallocatechina gallato (EGCG), l’epigallocatechina (EGC
l’epicatechina gallato (ECG) e l’epicatechina (EC). Il tè verde, secondo la letteratura, è correlato a un ridotto rischio di Alzheimer e di certi tumori, a una migliore salute orale e del sistema cardiovascolare e a benefici nel controllo del peso.
I ricercatori giapponesi hanno condotto uno studio clinico per esaminare questo tipo di effetti. Hanno partecipato allo studio 12 anziani con età media di 88 anni affetti da disfunzioni cognitive (punteggio del MMSE-J (Mini-Mental State Examination Japanese version) 15,3 ± 7,7) e con assistenza a casa. I partecipanti hanno assunto giornalmente 2 g di polvere di tè verde per 3 mesi; dopo questo periodo il punteggio MMSE-J dei partecipanti era migliorato in modo significativo (17,0 ± 8,2).
Questo risultato suggerisce che il consumo di tè verde potrebbe essere efficace nel miglioramento delle funzioni cognitive o nel rallentamento della progressione delle disfunzioni cognitive. Sono comunque necessari studi controllati a lungo termine su larga scala per chiarire ulteriormente gli effetti.



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Il “grasso buono” che sconfigge il diabete



I ricercatori, da sinistra: Shili Chen, Alan Saghatelian e Tejia Zhang.

Ricercatori del Salk Institute e del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) di Boston hanno scoperto una nuova classe di  molecole nel grasso umano e dei ratti che protegge dal diabete. I ricercatori, che hanno pubblicato le loro scoperte sulla rivista Cell (vol. 159, n. 2, pagg. 318-322, 2014) hanno trovato che, somministrando questo nuovo grasso ai ratti affetti da un disturbo equivalente al diabete di tipo 2, le elevate concentrazioni di zucchero nel sangue diminuivano e che i livelli di questi nuovi lipidi sono bassi negli uomini con un alto rischio di diabete, suggerendo che i lipidi potrebbero potenzialmente essere utilizzati come terapia dei disordini metabolici.
I lipidi, quali il colesterolo, non sono associati a una buona salute, ma, recentemente, i ricercatori hanno scoperto che non tutti i lipidi sono dannosi come, per esempio, gli acidi grassi omega-3 che si trovano negli oli di pesce. È stato riscontrato che i nuovi lipidi, chiamati acidi grassi FAHFA (fatty acid hydroxyl fatty acids) erano scarsi nei soggetti ai primi stadi del diabete e in concentrazioni molto maggiori nei ratti resistenti al diabete. Inoltre, era stato osservato che nelle cellule adipose degli esseri umani insulino-resistenti, cioè più a rischio di sviluppare diabete e disturbi metabolici, c’era un livello più basso del normale delle molecole di trasporto del glucosio GLUT-4. 
A tale scopo è creato uno specifico modello animale, il modello AG4OX (adipose-specific GLUT-4 overexpressing mouse model), ratti geneticamente modificati in modo che esprimessero livelli più elevati di proteine di trasporto del glucosio GLUT-4.
I  ricercatori hanno scoperto che la semplice sovraespressione delle GLUT-4 nei ratti era sufficiente ad aumentare la tolleranza al glucosio e proteggere i roditori dal diabete, anche se erano obesi. Nel corso degli anni, si è osservato che questi stessi ratti hanno elevati livelli di acidi grassi, generalmente associati con l’insulino-resistenza e l’intolleranza al glucosio: in qualche modo, i ratti AG40X erano immuni da questi effetti, rimanendo sensibili al glucosio e in grado di controllare gli zuccheri nel sangue. 
La scoperta dei FAHFA è stata realizzata grazie a una sofisticata analisi denominata spettrometria di massa lipodomica sui ratti AG40X, una tecnologia che consente di quantificare centinaia di lipidi in un campione biologico utilizzando il peso molecolare di un lipide come mezzo per determinare la sua presenza in una cellula o un tessuto.
Esaminando i risultati delle analisi, i ricercatori hanno scoperto un gruppo di quattro lipidi i cui livelli erano 16 volte superiori nei topi AG40X rispetto a quelli normali. Queste nuove molecole non erano comprese nei database dei lipidi conosciuti: la struttura di questa nuova classe di grassi è stata identificata utilizzando una combinazione analitica con spettrometria di massa e sintesi chimica. 
Ulteriori sperimentazioni hanno dimostrato che somministrando ai topi gli acidi grassi  FAHFA in alte quantità, il risultato era un rapido calo dei livelli di zuccheri nel sangue e un incremento dell’insulina. Inoltre, gli autori hanno individuato i recettori cellulari a cui gli acidi grassi FAHFA si legano per svolgere la loro attività, e sono stati denominati GPR-120.



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Calcio più magnesio e lattulosio per ridurre i livelli di grasso corporeo



Calcio più magnesio e lattulosio per ridurre i livelli di grasso corporeo

Un nuovo studio condotto in Giappone suggerisce che una combinazione di minerali e fibre prebiotiche potrebbero aiutare a ridurre la massa grassa corporea nelle donne di mezza età.
SullAsia Pacific Journal of Clinical Nutrition (2013, vol. 22, n. 4, pagg. 557-564) sono stati pubblicati i risultati dello studio che alimenta il dibattito sul ruolo potenziale dei prodotti lattiero caseari nel controllo del peso.
i ricercatori giapponesi hanno preparato una polvere granulare composta da cristalli di lattulosio, calcio estratto dal latte e ossido di magnesio. il test a controllo randomizzato ha fornito 300 mg di calcio, 150 mg di magnesio e 0,4 g di lattulosio al giorno. I risultati hanno messo in evidenza che, tra le 76 donne partecipanti, coloro che facevano parte del gruppo con lintegrazione attiva hanno perso una media di 0.8 kg di massa grassa corporea rispetto alle donne del gruppo senza integrazione. Non sono state registrate differenze antropometriche tra i due gruppi.
Una scoperta significativa è che leffetto di riduzione del grasso corporeo è stato indotto da unintegrazione relativamente piccola di calcio (0,3 g/die con magnesio e lattulosio), comunque inferiore al livello di assunzione massimo tollerabile per i giapponesi: la media del calcio assunto è stata infatti di circa 520 mg. È possibile che il magnesio e il lattulosio potenzino gli effetti di riduzione del grasso dovuti al calcio e alcune indagini indicano che lefficacia del calcio sulla perdita di grasso corporeo è potenziata dai prodotti lattiero caseari. È necessario studiare la relazione tra il calcio e gli altri nutrienti in combinazione con i prodotti lattiero caseari.



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Dolcificanti: effetti positivi o negativi sulla salute



Parere positivi e negativi dei consumatori riguardo i tre principali dolcificanti (fonte: Canadean).

Secondo la nuova ricerca degli esperti della Canadean Ingredients, i dolcificanti e i loro rischi e benefici per la salute sono temi scottanti.
Tra gennaio e luglio 2013, sono stati analizzati circa 30.000 articoli online, post nei blog e discussioni sui forum riguardanti i dolcificanti. Considerando i tre principali dolcificanti, la maggior parte degli articoli trattavano del dolcificante naturale stevia (58%), mentre il 28% circa dell’aspartame e il 14% del sucralosio. Questo indica che l’interesse dei consumatori è maggiormente rivolto verso la stevia piuttosto che gli altri due dolcificanti.
Molti degli articoli analizzati riguardavano i possibili rischi per la salute, quali la correlazione tra dolcificanti e depressione o perdita della memoria. Molti articoli trattavano l’obesità e la sua correlazione con il diabete, il cancro e la salute dell’apparato digerente e dell’intestino. In particolare, l’aspartame è stato correlato con la perdita della memoria e il cancro. Uno studio, condotto presso la Washington University School of Medicine e citato in 120 articoli, ha sollevato il problema che il consumo di aspartame avrebbe fatto aumentare la diagnosi di tumore cerebrale. Un articolo che metteva in correlazione i dolcificanti artificiali con il diabete, apparso sul Daily Mail lo scorso anno, è stato condiviso più di 4.000 volte causando un lungo dibattito tra i consumatori attenti alla salute.
Il progetto dolcificanti della Canadean ha utilizzato un sistema di tracciamento dei social media per misurare il parere dei consumatori online riguardo i tre dolcificanti. In base a quanto trovato, i consumatori dimostrano un feeling più positivo nei confronti della stevia rispetto ad aspartame e sucralosio. La metà delle discussioni online tra i consumatori lasciano trasparire un parere negativo nei confronti del sucralosio e dell’aspartame, mentre la stevia è il dolcificante con il maggior numero di riscontri positivi e solo pochi negativi.
I dati della Canadean Ingredients dimostrano che l’aspartame sta rapidamente perdendo il prooprio predominio nelle formulazioni dei soft drink a favore della stevia, del sucralosio, dell’eritritolo e del potassio acesulfame. Nei prossimi 5 anni è prevista un tasso di crescita negativo compreso tra 0 e -2%, mentre è previsto che il consumo di sucralosio con le principali categorie di soft drink cresca del 2-7% all’anno e quello di stevia del 12%.



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L’estratto di fagioli per il controllo del peso



L’estratto di fagioli per il controllo del peso

Sulla rivista Obesity sono stati pubblicati i risultati di uno studio condotto da ricercatori tedeschi e inglesi sul potenziale dell’estratto dei fagioli bianchi (Phaseolus vulgaris) nel controllo del peso. Lo studio, che ha utilizzato l’ingrediente PhaseLite sviluppato da Pharmachem Laboratories e prodotto da InQpharm, è stato il più grande in termini di dimensioni del campione e il più lungo studio clinico condotto sull’estratto di fagiolo bianco.
Lo studio ha coinvolto 123 soggetti sottoposti a una dieta mediamente ipocalorica per 12 settimane suddivisi in due gruppi ciascuno dei quali, in modo randomizzato, ha ricevuto o il placebo o 3 g/die di estratto di fagiolo. Dopo questo periodo iniziale, 49 partecipanti hanno continuato per ulteriori 12 settimane il test di controllo del peso con una dieta bilanciata dal punto di vista nutrizionale.
La perdita media di peso dopo le prime 12 settimane è stata di 2,91 kg nel gruppo con l’integrazione rispetto a 0,92 kg nel gruppo placebo e nelle successive 12 settimane di controllo del peso, durante le quali era consentito ai partecipanti di mangiare liberamente, il 73,5% dei partecipanti ha mantenuto il proprio peso.
Questo conferma che l’estratto di fagiolo bianco non solo riduce l’assorbimento delle calorie derivanti dai carboidrati, ma che aiuta anche a ridurre il desiderio per alimenti dolci e cioccolato contribuendo enormemente al successo dei regimi per la perdita di peso.
Nella vita reale, durante la gestione del peso, il dosaggio di PhaseLite potrebbe essere regolato in base alle necessità individuali, al peso target e all’assunzione di carboidrati.



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