Abbiamo più volte scritto della vitamina D, perché sono tante le ricerche in corso volte a individuare i suoi benefici per diverse funzioni del nostro corpo: per il metabolismo delle ossa oltre che muscolare (leggi qui), per alleviare la depressione (leggi qui), per la sindrome metabolica (leggi qui), cercando di capire se fosse meglio una somministrazione giornaliera o una dose elevata mensilmente (leggi qui).
Negli Stati Uniti, ci si chiede se le linee guida ufficiali per l’assunzione di vitamina D abbiano mancato il bersaglio quando si tratta di salute del cuore. L’interesse sulla questione è alto tra i ricercatori, specie all’Intermountain Health, dove è in corso uno studio clinico definito TARGET-D, per valutare se il raggiungimento di un livello di vitamina D nel sangue >40 ng/mL riduca esiti cardiovascolari avversi. I primi dati sono già disponibili. Sembrerebbe che l’attuale apporto dietetico raccomandato (circa 15 microgrammi per gli adulti di età inferiore a 70 anni e circa 20 mcg per gli over 70) sia troppo basso per raggiungere livelli ottimali per soggetti con determinati problemi cardiaci. Sebbene studi osservazionali abbiano già notato un’associazione tra bassi livelli di vitamina D e aumento del rischio di infarto o ictus, non è chiara la relazione di causalità.
“Non siamo rimasti sorpresi dal fatto che così tanti pazienti presentassero livelli inferiori o uguali a 40 ng/ml, ma dalla quantità di vitamina D necessaria per raggiungere questo livello. Questo indica che è necessaria una maggiore integrazione per raggiungere determinati livelli terapeutici”, spiega Heidi May. La parte successiva della ricerca aiuterà a determinare se il raggiungimento di livelli di vitamina D superiori a 40 ng/ml aiuta a migliorare gli esiti delle malattie cardiovascolari. E bisognerà attendere il prossimo maggio, per concludere la raccolta dei dati.
Sulla questione, gli esperti fanno notare che esistono diversi meccanismi attraverso i quali la vitamina D può contribuire alla salute cardiovascolare. Avere livelli sani di questa vitamina favorisce il metabolismo del glucosio, la sensibilità all’insulina e la funzione endoteliale nei vasi sanguigni, regola la pressione sanguigna e l’omeostasi del volume sanguigno, e può inibire l’infiammazione. Grazie a questi effetti, aiuta a regolare la disfunzione sottostante che causa le malattie cardiache. Non è chiaro al mondo della ricerca il suo beneficio nella prevenzione degli eventi cardiovascolari: si ipotizza che i recettori della vitamina D nelle cellule di tutto il sistema vascolare siano coinvolti nell’infiammazione dei vasi sanguigni, che potrebbe a sua volta favorire le malattie cardiache.